Avete presente quei bambini di cui si dice che non stiano mai fermi, che siano agitati come delle palline da ping pong o che siano animati da una specie di robot impazzito? Nessuno paragonerebbe probabilmente mai uno di questi bambini ad un albero. Gli alberi sono considerati sinonimo di stabilità e, soprattutto, staticità, fermezza, più radicati al suolo di loro effettivamente è difficile… Eppure anche agli alberi può capitare di essere “agitati” e anche nel caso degli alberi, come nel caso dei bambini, ciò desta non poco allarme e preoccupazione nei loro genitori… beh sì anche gli alberi hanno dei genitori! Questa ad esempio è la storia di un pino che era molto, molto, veramente molto agitato.

Il nostro pino viveva circondato da una foresta di suoi simili sulle pendici di una montagna dai fianchi arrotondati, che scendevano morbidi fino alle sponde di un lago dalle acque cristalline. Un bel posto in cui nascere e vivere, soprattutto se sei un pino. I suoi genitori, due arbusti secolari di una qual certa sempre-verdeggiante imponenza, si ergevano a qualche metro di distanza da lui. In termini umani li potremmo definire i suoi dirimpettai. Impegnativo avere mamma e papà come sempiterni dirimpettai? Forse sì, ma d’altronde quando sei un pino non hai grandi aspirazioni migratorie, anzi vivi anche con un po’ di timore l’idea che qualche boscaiolo arrivi per tagliarti la cima e portarla chissà dove per fartela riempire di palline di dubbio gusto da qualche sconosciuta famiglia nelle settimane natalizie.

Questa è la vita dei pini: normalmente, stanno, più o meno fermi, ammirano e proteggono il panorama, diventano tana per i più svariati animali e animaletti e animalettini…

Il nostro pino però tanto fermo non riusciva a stare. I suoi rami erano in perenne movimento, gli uccelli non riuscivano a posarvisi e se ne volavano via sdegnati per quell’albero così poco accogliente. Il fatto è che il nostro pino non aveva nulla contro quegli svolazzanti abitanti della foresta, ma non riusciva a trattenersi, si sentiva mosso da una forza quasi un po’ magica.

Non lo faceva apposta, per certi versi quasi non si rendeva conto di muoversi e di sferzare copi ramosi a destra e a manca, non riusciva a stare in un altro modo, non trovava nessuna altra posizione in cui poter sostare.

Per lui “stare” voleva dire stare così.

Di una cosa però si rendeva conto molto bene: di come lo guardavano i suoi genitori… Bisogna dire che i genitori del nostro pino erano ormai effettivamente piuttosto disperati. Gli sembrava di aver tentato di tutto per far smettere una volta per tutte di far muovere a destra e a manca quel loro figlio così reticente all’obbedienza. “Dove abbiamo sbagliato?” si chiedevano regolarmente la sera quando si alzava la luna. “Non sarà mai un pino come gli altri… nessun uccellino riuscirà mai a posarsi sui suoi rami e nessuno scoiattolo riuscirà a costruire una tana tranquilla nel suo tronco…”. Erano molto preoccupati per lui. Erano stati fin dai suoi albori molto preoccupati per lui in effetti. Non era cresciuto veloce e verdeggiante come gli altri pini della loro numerosa progenie. Non aveva una forma regolare come la loro. I suoi rami sembravano essere spuntati in modo affollato e disordinato. E poi era iniziata quella storia del muoverli in continuazione… e non era più finita.

Il nostro pino quello sguardo preoccupato lo conosceva bene, ce lo aveva di fronte ogni giorno, da sempre. Da sempre in effetti si era sentito guardato così, con una certa apprensione. Ne aveva sofferto, sentendosi diverso dai suoi compagni di foresta che sembravano crescere dritti e forti, con la sicurezza che solo un bell’arbusto può avere. Lui invece sicuro non si sentiva proprio di niente. I fatti poi glielo dimostravano:

“uff… come mi guardano mamma e papà… se fossi forte come i miei fratelli non avrebbero bisogno di guardarmi così…”.

Poi, non ricorda come né quando, era iniziata questa cosa del muovere i rami che, come abbiamo detto, non riusciva a controllare. Da quando era iniziato questo muoversi frenetico però, il nostro pino pensava un po’ meno allo sguardo di mamma e papà, al suo sentirsi meno robusto degli altri pini… pensava meno a un sacco di cose… anche perché non è mica facile riuscire a pensare quando i tuoi rami sbatacchiano da tutte le parti senza sosta, facendo peraltro un rumore non trascurabile!

Meno pensava però, più i suoi rami parevano incontrollabili…

Un giorno di inizio primavera, il nostro pino vide arrivare volando proprio verso di lui un enorme e maestoso gufo. Il pino avrebbe voluto avvertirlo e dirgli di andare a posarsi altrove, perché lui e i suoi rami impazziti avrebbero reso la permanenza del gufo alquanto scomoda. I pini e i gufi però, si sa, non parlano la stessa lingua e quindi il nostro alberello non poté che restare ad osservare quanto accadeva. Quel gufo era davvero il gufo più grande che avesse mai visto. Mentre il pino cercava di ricordare quando fosse stata l’ultima volta che aveva visto un esemplare così bello volargli vicino, il gufo si posò su uno dei suoi larghi rami… e restò lì. Il ramo in questione, come tutti i rami del nostro pino, iniziò a scuotersi vivacemente.

“Ecco che ora se ne andrà… beh è stato comunque bello conoscerti splendido gufo… mi spiace non riuscire a farti riposare sul mio ramo” pensava il pino. Sorprendentemente invece il gufò restò lì senza fare una piega. Era così grande e ben rinforzato di spesse e lucide piume che i movimenti del ramo non gli creavano disagio, anzi, gli pareva quasi di essere cullato. Inoltre i rami del nostro pino erano più spogli dei rami dei pini circostanti, perché dato che erano sempre in movimento, molti degli aghi venivano sbattuti via. Questo aveva reso il nostro pino un po’ più spelacchiato, cosa di cui lui si vergognava molto. Il gufo invece trovò estremamente comodo quel ramo così poco pungente rispetto ad altri rami provati.

I genitori del nostro pino guardavano la scena sorpresi, tanto quanto loro figlio. Il gufo si addormentò in fretta e dormicchiò a lungo cullato da quel così comodo ramo. Al suo risveglio si sentiva talmente riposato e contento della scoperta di quel nuovo rifugio, che andò ad avvisare il resto della sua famiglia affinché potessero costruirsi un nuovo nido. Il nostro pino, che vedendo il gufo andare via pensò non sarebbe tornato mai più – “chi lo vuole un albero perennemente agitato?” – , restò stupefatto quando invece lo vide tornare, accompagnato da un intero stormo per di più!

Alzando lo sguardo verso i suoi genitori poi, restò ancor più stupefatto: mai li aveva visti così tranquilli nel guardarlo… così… fiduciosi! Si sentiva fiero di se stesso e anche lui, per la prima volta, fiducioso. Per la prima volta dopo tanto tempo si sentiva in realtà anche molto stanco. Come se tutto quel movimento lo avesse finalmente sentito solo ora, ora che era anche così contento di sentirsi importante per quella famiglia di bellissimi gufi.

Di gufi nei giorni seguenti ne arrivarono tanti altri. Presto infatti si sparse la voce tra di loro, in quella loro lingua di gufi, e il nostro pino divenne il loro albero preferito in tutta la foresta.

Il pino ne era orgoglioso ed era orgoglioso della responsabilità che aveva nei loro confronti: era diventato la loro casa!

Questo nuovo senso di responsabilità, invece di metterlo in agitazione, lo rese più solido e fermo, pur continuando ad avere dei momenti in cui cullava i gufi con i suoi rami. Adesso però quei movimenti gli sembrava di essere capace di controllarli, non erano più i rami a controllare lui

Peraltro poi chi lo avrà mai detto che i pini debbano essere tutti immobili o che debbano essere tutti buoni per farci gli alberi di Natale… 

Il nostro pino movimentato è diventato noto nell’intera montagna per essere il pino dei gufi e adesso sì, sente di aver finalmente trovato la sua posizione in questo mondo, che ci vuole spesso un po’ più mobili o un po’ più fermi di quanto vorremmo, un po’ più attivi o un po’ più tranquilli, ma alla fine quello che conta è essere comodi e guardarsi con fiducia, forse proprio attraverso gli occhi di un gufo.