Nella giungla di PioggiaFrondosa stava calando il sole sulla fine di un’altra settimana.

A Croc il coccodrillo, che abitava nel fiume della giungla, era successa una lunga serie di cose spiacevoli quella settimana. Alcune piccole, altre più grandi. Che poi se ci pensiamo, chi può dire cos’è un dispiacere piccolo e cos’è un dispiacere grande? Non possiamo mica pesarli sulla bilancia come il prosciutto!

Comunque, tornando al nostro Croc e alla sua spiacevole settimana: il lunedì gli si era rotto un dente mentre sgranocchiava la sua merenda; il martedì gli era rimasta una zampa impigliata in un punto del fiume denso di annodatissime mangrovie; il mercoledì aveva saputo che la sua amica Rita la tigre aveva dovuto abbandonare PioggiaFrondosa per seguire il suo branco verso un nuovo territorio da conquistare, neanche era riuscito a salutarla come si deve; giovedì aveva litigato con il cugino Cric che lo aveva preso in giro per il suo dente rotto e quel giorno, il venerdì, per finire in bellezza, gli era venuto un antipatico raffreddore che lo faceva starnutire ogni cinque minuti facendo fuggire tutti i pesci intorno a sé.

Una settimana da dimenticare si potrebbe dire. Croc si sentiva molto stanco e molto triste. Aveva solo voglia di andarsene a dormire, con la speranza che il giorno successivo si sarebbe sentito meglio.

Eppure al suo risveglio, invece di sentirsi meglio, scoprì che si sentiva peggio. Gli era presa una di quelle tristezze che formava un intricato nodo vicino alla gola, un nodo che sembrava ingrandirsi e allungarsi fino ai suoi occhi, da cui iniziarono a sgorgare copiose lacrime. Gli altri coccodrilli del fiume, sentendolo singhiozzare, cercarono di consolarlo a loro modo, ognuno come poteva. 

“Su, su, non c’è bisogno di piangere, tutto si sistema” gli disse la cugina Drilla. 

“Dai vieni con noi a tirarci palle di fango con la coda, vedrai che facendo qualcosa di divertente ti tirerai su” propose l’amico Rocco.

Arrivò poi anche suo zio Crilo a dire la sua: “Fa bene qualche lacrima, la tristezza va buttata fuori e poi noi coccodrilli per le nostre lacrime siamo famosi ovunque… piangile fuori tutte e poi tirati su”.

Ma a Croc non andava di tirarsi su, di sentirsi su non aveva proprio voglia. Si sentiva triste e non gli sembrava che quei consigli non richiesti gli servissero a granché. Pensò a quanto detto dallo zio, al fatto che con le lacrime la tristezza si tira fuori, ma non gli pareva fosse così vero. Quelle lacrime, pure quando smisero di uscirgli dagli occhi, le sentiva comunque dentro, tutte ancorate a quell’intricato nodo vicino alla gola.

Capiva che i suoi amici volevano aiutarlo, ma quello che gli dicevano lo faceva sentire sbagliato. Gli faceva pensare che quello che sentiva e faceva non andasse bene. Gli venne voglia di starsene un po’ da solo e si avviò verso un angolino tranquillo in un’insenatura del fiume, standosene mezzo nascosto sotto l’acqua fanghigliosa.

Poco dopo sentì qualcosa appoggiarsi sul suo lungo muso. Emerse allora un pochino dall’acqua con gli occhi e scoprì che il suo ospite era un coloratissimo pappagallo.

“Oh mamma che spavento!” gracchiò il pappagallo scoprendo di essersi appoggiato sul muso di un coccodrillo. Croc dovette però sembrargli piuttosto innocuo perché, invece di volare via, il pappagallo se ne restò lì appollaiato. “Non ti dispiace se mi riposo un po’ qui?” chiese cortesemente. “Stai pure” rispose mollemente Croc.

Al pappagallo non sfuggì il tono mesto di quella sua nuova superficie di appoggio e gli domandò “Stai bene?”. “Insomma” rispose Croc “ho avuto una brutta settimana, mi sono successe delle cose spiacevoli e ora mi sento come un nodo che mi si stringe vicino alla gola e da cui sembrano voler uscire solo grosse lacrime… Ma devo essere proprio malmesso per mettermi a parlarne con te che sei un pappagallo. Non credo che ai pappagalli capiti mai nulla del genere”

“Ah questa è bella, questa è bella!” disse il pappagallo. “È sempre la stessa storia. Si pensa che noi pappagalli, dati i nostri colori sgargianti ed il nostro essere canterini, siamo sempre allegri e non conosciamo tristezza e dispiaceri…”

“E…” chiese timidamente Croc “non è forse così?”

Oh no, oh proprio no! L’hai mai ascoltato uno dei nostri canti? Non sono mica tutti allegri, anzi, con le canzoni a volte ci diciamo cose tristissime, che a parole non saremmo capaci di raccontare”.

“Non ci avevo mai pensato” disse sincero Croc e il dispiacere per aver dato per scontato che i pappagalli fossero sempre allegri si andò ad annidare sul nodo alla gola insieme agli altri dispiaceri. Di nuovo si sentì gli occhi pronti a sgorgare lacrime. “Uh con queste lacrime non so proprio come fare… dicano servano per tirare fuori la tristezza ma non mi pare tanto vero, io continuo a sentirmele anche dentro, tutte annidate vicino a quel nodo”.

“Non ti dannare troppo per le lacrime, coccodrillo. È vero, di troppe lacrime non si può vivere, altrimenti rischieremmo di fare esondare il fiume, ma le lacrime sono importanti, sia quelle che stanno fuori sia quelle che stanno dentro di te. Non si piange né si canta solo per tirare fuori. Piangiamo e cantiamo i nostri piccoli e grandi dispiaceri anche per poterli tenere un po’ insieme a noi, perché fanno parte di quello che siamo. Vale sia per voi coccodrilli che per noi pappagalli. Tenendoli insieme a noi, pian piano i dispiaceri fanno dispiacere un po’ meno e si trasformano, diventando nuove note per le nostre canzoni, sia per quelle tristi che per quelle allegre. Adesso devo salutarti coccodrillo, ma grazie per avermi fatto riposare e grazie anche per le tue lacrime”.

Così dicendo il pappagallo si alzò in volo e a Croc parve di sentirlo canticchiare qualcosa che non riuscì a distinguere bene. 

Croc restò ancora un po’ lì fermo sul pelo dell’acqua, pensando a quanto il pappagallo aveva detto. Decise di provare a imitare quello che gli era sembrato essere il canto del pappagallo. Inizialmente questo lo fece sentire ancora più triste e gli sgorgarono ancor più lacrime di prima.

Pian piano però, proprio come aveva detto il pappagallo, le lacrime si trasformarono in suoni e in note e poi, da note, divennero un canto, che non era né triste né allegro. Era il canto di Croc e sempre sarebbe stato insieme a lui, ricordandogli dei dispiaceri di quella settimana, delle sue lacrime, ma anche dell’incontro col pappagallo e di tutti gli incontri che, come ogni coccodrillo, avrebbe continuato a fare, sul suo fiume.

L’illustrazione è di ille_illustration