Giulio era un bambino molto attento e curioso. Viveva con i suoi genitori in una casa tutta dipinta di verde, con un bel giardino che era da sempre lo scenario preferito per i suoi giochi e le sue esplorazioni. Giulio infatti, con i suoi buoni 6 anni, amava giocare a fare l’avventuroso esploratore e nel giardino trovava sempre qualcosa di interessante.
Un pomeriggio di una bella giornata primaverile mentre era intanto ad osservare i fiori appena innaffiati dalla mamma, Giulio vide posarsi su una delle rose una magnifica farfalla. Non era una farfalla qualsiasi, era la farfalla più bella che Giulio avesse mai visto. Le sue grandi ali erano gialle e arancioni in cima, per poi sfumare verso il verde e l’azzurro, con alcune piccoli cerchi bianchi sui bordi.
Giulio ne fu immediatamente affascinato. La farfalla, come se l’avesse ascoltato, si posò sulla sua mano e Giulio potè osservare i suoi meravigliosi colori ancor più da vicino. Con la farfalla posata sulla mano, Giulio si mise a volteggiare su se stesso e poi a saltellare lungo la siepe. La farfalla ogni tanto riprendeva il volo, piroettava intorno alla testa di Giulio e poi nuovamente si riposava sulla sua mano.
Richiamato in casa dal papà per l’avvicinarsi dell’ora di cena, Giulio fu molto dispiaciuto di dover salutare la sua farfalla.
Il giorno successivo, poco dopo essere uscito in giardino, Giulio si sentì solleticare la mano. Eccola di nuovo lì la sua farfalla! Che gioia ritrovarla! Con la farfalla che gli svolazzava vicino, Giulio riprese le sue esplorazioni. Ogni tanto la farfalla scompariva dalla sua vista, ma presto la rivedeva ancora lì vicino a lui. A Giulio piaceva pensare che la farfalla lo seguisse e lo assistesse nel suo gioco di avventuriero.
A Giulio piaceva tantissimo l’idea di avere quella compagna di gioco così speciale vicino a sé. Persino la notte, nel suo letto, gli capitò di sognare la sua farfalla e le sue divertenti acrobazie aeree.
Qualche giorno dopo, mentre era preso dall’osservazione di una coccinella, Giulio notò che la farfalla si era appoggiata su una foglia vicina. C’era qualcosa di strano nel movimento che la farfalla aveva fatto per posarsi. Giulio lasciò perdere la coccinella e si mise a guardare meglio la farfalla. Era immobile. Provò ad allungare un suo dito, sperando che la farfalla si sarebbe sollevata per raggiungerlo. Invece la farfalla rimase immobile, come una statua. A nulla valsero gli sforzi di Giulio di solleticarla, provò con un petalo, con un’altra foglia. La farfalla rimaneva immobile, “come se si fosse spenta”, pensò Giulio. Arrivò poi un forte soffio di vento, che trascinò via la farfalla, facendola sparire dalla sua vista.
Sconvolto e incredulo, Giulio andò a cercare i suoi genitori: “mamma, papà, è successo qualcosa alla farfalla!”. Giulio gli raccontò quanto era successo, che la farfalla si era appoggiata in quel modo strano, che era diventata come una statua e che il vento l’aveva portata via.
“Bimbo mio” gli disse la mamma “mi dispiace tanto, temo proprio che la tua farfalla se ne sia andata…”.
“Andata?” chiese Giulio, “Andata dove? Tornerà?”.
“Purtroppo no Giulio, penso che la mamma volesse dire che teme che la tua farfalla beh… non ci sia più… che sia morta” disse il papà.
Al sentire quelle parole Giulio iniziò a piangere. Pensava a come era bella la sua farfalla, a come si stava bene a giocare con lei vicino. Tra un singhiozzo e l’altro gli si affollavano in testa anche tante domande. “Ma perché” domandò al papà, “perché una cosa bella come la mia farfalla è dovuta morire?”.
Sia la mamma che il papà erano in difficoltà nel rispondergli. La mamma provò a spiegargli “sai piccolo mio, è una cosa che succede a tutti, alle farfalle come agli uomini, di andarsene via, ma solo quando si è molto molto vecchi o molto molto ammalati…”. Giulio si ammutolì e fece per andare in camera sua. Sentì però mamma e papà che parlavano tra loro. Il papà disse “oh caspita si era proprio affezionato a quella farfalla…” e la mamma aggiunse “lo sai, Giulio è un bambino molto sensibile”.
“Sensibile?” pensò Giulio entrando nella sua cameretta. “Ma che sensibile e sensibile! E cosa vorrà mai dire questa parola poi chi lo sa! Mi dicono che un giorno quando sarò molto molto malato o molto molto vecchio dovrò morire andandomene via come è successo alla mia amica farfalla: ma che storia da matti è questa?!”. Adesso, più che triste, Giulio si sentiva veramente arrabbiato.
Con qualche difficoltà quella sera riuscì comunque ad addormentarsi, ma non appena si svegliò la mattina seguente, si accorse di avere ancora bene in mente la sua farfalla e quelle cose assurde e tremende che gli avevano raccontato la mamma e il papà. Dopo la colazione andò in giardino. Riprese i suoi giochi, ma continuava a pensare che se la sua farfalla fosse stata ancora lì sarebbe stato tutto più bello. L’avrebbe rincorsa per il giardino, avrebbero piroettato insieme, lui a terra e lei in aria… E invece adesso che sapeva di questa assurdità della morte non se ne poteva fare più niente. Uh che rabbia che sentiva!
A pranzo, a tavola Giulio aveva il volto tutto corrucciato e scuro. “Sei ancora triste per la tua farfalla?” gli domandò la mamma. “Non sono triste, sono arrabbiato! Perché non mi avete mai detto che c’è questa cosa assurda che tutti, le farfalle come gli uomini, a un certo punto devono andarsene? Mi dovevate avvisare!”. La mamma e il papà furono un po’ spiazzati dalla reazione di Giulio. “Eri piccolo Giulio, non sono argomenti per bimbi piccoli questi, pensavamo non avresti capito” provò a dire il papà. “Ma cosa c’è da capire? Non ha senso!” rispose rabbioso Giulio, prima di lasciare la tavola e rifugiarsi nuovamente in camera.
Provò a giocare con le macchinine facendole scontrare tra loro, ma non sembrava dargli molto sollievo. Nessun gioco gli pareva più divertente. La mamma lo raggiunse poco dopo. Gli dispiaceva tanto vedere il suo piccolo così. Si sedette vicino a lui sul tappeto e gli porse un foglio.
Giulio guardò la mamma di sottecchi, ma poi afferrò un pennarello e iniziò a scarabocchiare. “Guarda Giulio! Sembra proprio che sia uscita una farfalla!” disse la mamma. In effetti Giulio dovette ammettere che i suo ghirigori avevano proprio formato una farfalla. Con l’aiuto della mamma si mise a colorarla. Si sentiva un pochino più calmo. Una volta finito di colorarla, Giulio decise di portare il disegno in giardino. Se lo posò sulla mano e per un attimo gli parse quasi di vedere le ali svolazzare al contatto con l’aria. Sorrise.
Giulio iniziò a correre e saltellare tenendo il disegno in mano e lasciandolo portare dalla corrente di tanto in tanto. Era proprio assurdo che la sua farfalla non ci fosse più, pensò. Ora però, era di nuovo in giardino, a correre con un’altra farfalla che, lo sapeva, non era viva, ma era vera, perché arrivava dai suoi ricordi e, quelli, nessun soffio di vento e nessuna assurdità sarebbe mai stata abbastanza forte da portarglieli via.